I moschetto modello 1891 è stato adottato con atto n. 116 del 15 luglio 1893 ed è stato dato in dotazione alle truppe di cavalleria, ai carabinieri, alle truppe cicliste, alla vigilanza dell’aeronautica, ai reparti
paracadutisti libici, alla Mvsn e ad alcuni corpi di guardie municipali.: immediatamente riconoscibile
Rispetto al fucile 1891, si differenzia da quest’ultimo per la canna lunga soli 450 mm, la lunghezza Totale di 920 mm, la cassa corta fino a metà canna e, soprattutto, per la baionetta pieghevole fissata permanentemente all’arma per mezzo di una braga, trattenuta da una vite trasversale passante attraverso un foro nella base del mirino. Quest’ultimo è innestato a coda di rondine sulla base, saldata a forte sulla canna, ed è pertanto regolabile in derivazione, anche se in modo marginale visto che i bordi della braga della baionetta impediscono spostamenti eccessivi su entrambi i lati. La lama della baionetta ha sezione triangolare, con il lato maggiore posto inferiormente (quando la lama è in posizione di riposo) ed è lunga 345 mm, per una lunghezza totale del moschetto, con baionetta inastata, di 1.263mm. Il sistema di sgancio della baionetta è costituito da due cursori posti ai lati della base della lama,
che si innestano entro apposite tacche nella braga. Per passare dalla posizione di riposo alla posizione inastata, basta spingere i due cursori con le dita in direzione della punta, vincendo la resistenza di una molla. Quando si ribalta la lama nella posizione prescelta, i due cursori scattano da soli, spinti dalla molla, in posizione di blocco. Il peso dell’arma è di 3.160 grammi, compresa la cinghia. Altro fattore di differenza rispetto al fucile, l’assenza di copricanna e la forma dell’alzo, più compatto e tarato da 450 (alzo abbattuto) a 1.500 metri, con tacca di combattimento esatta per la distanza di 300 metri (alzo rovesciato). La bacchetta di pulizia, smontabile in due pezzi, è ospitata all’interno di una cavità cilindrica del calcio, alla quale si accede aprendo uno sportellino a molla al centro del calciolo. Gli attacchi per la cinghia sono posti sul lato sinistro e sono costituiti da un passante sul bocchino e da una spranghetta con tubicino avvitata al calcio. Diversamente dagli attacchi per il moschetto per Truppe speciali, quelli del moschetto per cavalleria rimarranno invariati fino alla fine della produzione.
Le varianti
Il primo aggiornamento meccanico, come avvenne per il fucile, fu rappresentato dall’abolizione del traversino passante attraverso la calciatura, a favore di un traversino interno di forma parallelepipeda destinato a contenere il recoil lug in corrispondenza della vite anteriore di unione con la cassa. Non stato, purtroppo, possibile accertare da quale data si sia deciso di non realizzare più le calciature con il traversino esterno (forse, ma è solo un’ipotesi, dal 1898), ma è certo che tale modifica sia stata resa retroattiva e applicata, quindi, anche sui moschetti già prodotti e non solo su quelli di nuovo allestimento.
Come per il fucile 1891 e per il moschetto per Truppe speciali, anche il moschetto per cavalleria subi la modifica dell’estrattore con atto n. 132 del 9 agosto 1903 (retroattiva su tutti gli esemplari prodotti)
e la modifica di tutto l’otturatore a partire dal 28 gennaio 1913, con l’adozione del “cilindro modello 1912” (solo sugli esemplari di nuova produzione). Con l’inizio della prima guerra mondiale, ci si rese conto che il sistema di attacco per la baionetta non era sufficientemente affidabile, quindi fu studiato
un nuovo metodo, impiegato provvisoriamente da alcuni reparti di cavalleria, costituito da una levetta osta sul lato destro che, in posizione di blocco, era orientata circa a 30 gradi verso l’alto. Per inastare a baionetta, bisognava ruotare verso il basso la levetta (fino a orientarla circa 30 gradi verso il basso),
quindi spostare la lama della baionetta all’indietro di circa 5 mm, ruotarla di 180 gradi in posizione di lizzo, quindi farla arretrare di altri 5 mm e ripristinare il blocco riportando in alto la leva. Quest’ultima era trattenuta in posizione da una sporgenza emisferica nella parte a contatto con la braga, che
si inseriva entro due sedi praticate in corrispondenza delle posizioni di riposo e di sblocco. L’elasticità della levetta assicurava il perfetto contatto della semisfera con le relative sedi ma, con l’utilizzo, la levetta si piegava ben presto leggermente verso l’esterno, quel tanto che bastava per fare si che la semisfera non restasse più bloccata nella sede vista, causando azionamemti involontari. A porre rimedio giunse, finalmente, la circolare n. 400 del 30 giugno 1915 introdusse il terzo e ultimo di aggancio per la baionette
costituito da un pulsante trasversale a molla che sosteneva la levetta .
Per inastare la baionetta, quindi, è necessario premere il pulsante posto sul lato sinistro della braga ,quindi indietro la baionetta di circa 5 mm, ruotarla di 180 gradi per disporla in posizione di utilizzo e spingere all’indietro di 5 mm la lama, ripristinando automaticamente il blocaggio)
La modifica doveva essere, in teoria, retroattiva e i primi moschetti a dover essere trasformati dovevano essere quelli non interessati dalla modifica transitoria. In realtà, complice lo stato di guerra, la modifica non interesso mai tutti i moschetti, né con il primo tipo di aggancio né con la modifica transitoria.
Alcuni sistemi di blocco del tipo a levetta furono, comunque, trasformati successivamente in sistemi di blocco di terzo tipo. In tal caso, la modifica è riconoscibile per il fatto che la braga reca ancora ,sul lato destro, le due sedi per la semisfera di blocco della levetta. Con la stessa circolare n. 400, fu disposta anche l’introduzione del copricanna in legno, che richiese la modifica dell’alzo (furono creati due denti laterali per. trattenere il copricanna in questione) e del bocchino, con l’aggiunta di un “becco” e il trattenimento del copricanna. La modifica del copricanna fu retroattiva e, per salvare una parte dei bocchini di vecchio tipo, fu studiata una modifica,consistente in una leggera fresatura nella parte superiore interna del bocchino che consentiva l’aggancio di una piastrina che svolgeva le funzioni del dente, solidale invece nei bocchini di nuovo tipo. Sui moschetti già prodotti, l’alzo fu generalmente mantenuto nella forma originale,senza denti laterali: sagomando opportunamente il copricanna era possibile ottenere comunque un buon
fissaggio. L’ultima modifica, eseguita in concomitanza con la ripresa della produzione del moschetto negli anni Trenta, consistette nella revisione dell’aggancio della braga, fissata per mezzo di una vite trasversale che contrastava con una cava nella circonferenza della canna. Fu conseguentemente abolita la base del mirino e quest’ultimo fu fissato a coda di rondine direttamente sulla braga. In teoria, con questo secondo modello di raga si dovrebbe riscontrare solo il terzo tipo di aggancio per la baionetta ma, dal momento che i due precedenti modelli di baionetta erano stati immagazzinati e venivano utilizzati per i moschetti in riparazione, si originarono numerosi “ibridi”. Capita, infatti, di trovare sistemi di blocco della baionetta di primo e secondo tipo con la braga di morfologia più moderna, su moschetti risalenti alla metà degli anni Trenta, cosi come di trovare sistemi di blocco di terzo tipo con la braga di primo tipo. Durante il primo conflitto mondiale, infine, alcuni sistemi di ritegno della baionetta di primo tipo furono modificati artigianalmente dai reparti, aggiungendo un traversino metallico e un galletto di serraggio sull’asse della baionetta. Una volta posta la lama in posizione di utilizzo, serrando il galletto si bloccava il traversino
metallico in modo da ostacolare qualsiasi movimento ai cursori e, quindi, azionamenti accidentali.
La produzione
La fabbricazione del moschetto 1891 per cavalleria fu assolta esclusivamente dall’arsenale di Brescia fino al 1919, così come avvenne per il moschetto per Truppe speciali. I primi esemplari, con serie
matricolare “A”, furono assemblati nel 1893, per arrivare al 1905 con metà della serie “I’. Quindi,probabilmente perché erano state soddisfatte le necessità dei reparti, la produzione si arrestò fino al 1909, allorché riprese proprio da dove lasciato. Dopo la serie “I’ venne la serie “K” (la lettera “J’ non veniva usata nelle serie matricolari, perché poteva essere facilmente
confusa con la “I’), iniziata lo stesso anno e terminata nel 1910. Fu, quindi, la volta della serie “L’, interrotta con la fine del 1910 probabilmente senza neppure essere portata a termine. Fu solo nel 1914, con i venti di guerra, che
si decise di proseguire la produzione iniziando la serie “M’. Da allora, si proseguì a pieno regime, arrivando al 1919 con il ripristino dei pezzi perduti in conseguenza della guerra con la serie matricolare AD, per un totale di poco superiore ai 280 mila pezzi .
Fino all’inizio degli anni Trenta, evidentemente, le quantità di moschet-
ti per cavalleria esistenti erano sufficenti alle necessità. Fu la Fna, nel
1932, a riprendere ufficialmente la produzione di quest’arma con la se-
rie matricolare “A”concludendo il lavoro con la serie “G” nel 1938. Nel
1935, anche la Beretta, l’arsenale di Gardone Val Trompia e l’arsenale di
Terni cominciarono a produrre il modello Cavalleria, tutti dalla serie “A”. Dei tre produttori, Beretta è stato il più parco, concludendo la fabbricazione nel 1938, con l’adozione delle armi modello 38, con la serie “F” e, quindi, con 60 mila
esemplari all’attivo. Più intensa la produzione da parte dell’arsenale di Gardone, ultimata nel 1937 con la serie “Q’, pari quindi a 160 mila pezzi. Il produttore più “generoso”, però, è stato l’arsenale di Terni che, dopo aver raggiunto la serie “R” nel 1936, cominciò la serie “lA” nel 1937 per concludere
con “1G” e 240 mila pezzi nel 1938. Dal 1935, alcuni moschetti cominciarono a essere prodotti con la camera di cartuccia cilindro-conica, priva quindi delle consuete sfaccettature.